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Già negli Anni Settanta del
secolo scorso furono le donne a guidare le prime proteste ecologiche
Secondo uno studio realizzato dall’ICSR per conto della piattaforma Ener2Crowd.com, a pagare il costo del cambiamento climatico sono soprattutto le donne: esse rappresentano infatti l’82% degli sfollati dei disastri ambientali a livello globale e risultano, più spesso degli uomini, vittime delle calamità naturali.
«Già negli Anni Sessanta del secolo scorso erano le donne a guidare le
prime proteste ecologiche» osserva Niccolò Sovico, ceo, ideatore e co-fondatore di Ener2Crowd.com, la prima piattaforma italiana di
lending crowdfunding ambientale ed energetico, che questo mese ha commissionato
all’ICSR un sondaggio per valutare la partecipazione delle donne
nell’ambito della Green Economy e della finanza alternativa verde.
Dopo Brigitte
Bardot, impegnata
anche sul fronte della difesa degli animali, tantissime celebrity femminili
hanno continuato a sposare la causa dell’ecologia e della difesa dell’ambiente, fino ad arrivare più
recentemente alle grandi stelle di Hollywood —da Cameron
Diaz a Drew
Barrymore— passando
per le supermodelle come Gisele Bundchen che è perfino diventata protagonista
di un cartone animato ecologista (Gisele & The Green Team) nonché testimonial di importanti campagne di
sensibilizzazione.
«Insomma le donne sono le protagoniste —da oltre 60 anni— della Green Revolution. Ma è anche
vero che sono proprio le donne a pagare in misura maggiore il costo del
cambiamento climatico» spiega Giorgio Mottironi, cso e co-fondatore di Ener2Crowd nonché chief analyst del GreenVestingForum.it,
il forum della finanza alternativa verde.
Secondo
quanto rilevato dall’International
Center for Social Research (ICSR) in collaborazione con la World
Organization for International Relations (WOIR) per conto della piattaforma Ener2Crowd.com, sono donne l’82% degli sfollati a livello globale causati da disastri
ambientali e guerre e
risultano esse —molto
più spesso degli uomini— vittime delle calamità naturali (63%).
Ma sono
proprio le donne a non tirarsi indietro di fronte ad una scelta importante come quella di investire le proprie
risorse nella Green Economy.
Tutti
ricorderanno Vandana Shiva, che rese celebri in tutto il mondo i tree huggers (gli “abbracciatori
di alberi”), un movimento femminile che nacque per proteggere le foreste
subtropicali dell’Himalaya che si estendono attraverso le
colline del Nepal centrale, andando a ricoprire anche molte zone del
Darjeeling, del Bhutan e dello stato indiano dell’Uttar Pradesh, fonte di vita
per le collettività indigene.
Oppure —più recentemente— Txai Suruì, l’attivista venticinquenne brasiliana
che si batte contro la deforestazione amazzonica, o l’ugandese anch’essa venticinquenne Vanessa Nakate, il cui impegno a
favore dell’intera
Africa iniziò nel 2018 quando —studentessa alla facoltà di Economia di Kampala— si rese conto della gravità del
cambiamento climatico, a partire dalle inondazioni che colpirono in quegli
anni la parte orientale dell’Uganda.
O ancora la
diciannovenne Howey Ou (Ou Hongyi), nativa della città di Guilin, nella parte
meridionale della Cina, il Paese che oggi inquina di più al mondo, senza
dimenticare la ventiquattrenne Disha Ravi che dopo essere finita in
carcere dopo un tweet ambientalista è diventata l’attivista più carismatica e importante dell’intera India.
Ebbene
l’economia verde si tinge di rosa. Anche nell’ambito dell’imprenditoria, le donne dimostrano
una maggiore responsabilità ambientale e si muovono velocemente in più
direzioni, dimostrano grande capacità di coniugare le sfide del mercato e la
salvaguardia dell’ambiente.
E se oggi
la maggior parte dei settori produttivi sono alle prese con la crisi economica
post-pandemica, fa eccezione quello della Green Economy che, secondo quanto rilevato per
conto di Ener2Crowd.com dall’International
Center for Social Research, vede impegnati in ruoli dirigenziali —o comunque in attività
di rilevante importanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi organizzazionali— quadri e
dirigenti che nel 58% dei casi sono donne.
«Nel
comparto tecnologico, poi, le aziende guidate dalle donne rendono ai loro
investitori il 35% in più rispetto a quelle guidate dagli uomini» osservano gli analisti di Ener2Crowd.com.
Secondo
quanto rilevato in un sondaggio realizzato durante la prima settimana di
agosto 2022 dall’International
Center for Social Research, il 53% degli investimenti nella finanza
alternativa verde proviene dalle donne. E se consideriamo lo specifico comparto dell’energia sostenibile, le donne rappresentano il 55%
del totale degli investitori.
Per quanto
riguarda il mondo del lavoro più in generale, anche qui i dati delle “quote rosa” nella Green Economy sono incoraggianti. Se è vero che
per quanto riguarda l’occupazione
femminile l’Italia è
fanalino di coda nel Vecchio Continente (solo il 52% delle donne ha un
lavoro fisso), con il record più negativo che spetta alla Sicilia con un
tasso di occupazione femminile del 29%, nell’ambito della green economy le percentuali si invertono: il 58% delle donne impiegate in
lavori green ricopre ruoli medio-alti, ribaltando le classiche statistiche sul
mondo del lavoro.
Il comparto
continua a crescere. Secondo le stime dell'ILO (International Labour Organization), la Green Economy creerà a livello
globale, entro il 2030, ben 24 milioni di posti di lavoro, molti dei quali
destinati proprio alle donne (il calcolo è limitato al settore
dell'energia, dell’edilizia, della mobilità elettrica e dell’efficienza
energetica).
La Green Economy diventa così il settore trainante
dello sviluppo economico. Un settore sul quale si stanno concentrando sempre più aziende,
soprattutto quelle dirette dalle donne, sempre più desiderose di adottare
sistemi volti alla salvaguardia della salute umana e dell’ambiente attraverso l’abbattimento di qualsiasi forma di
inquinamento.
Secondo le
statistiche, le donne sono più orientate alla riduzione delle emissioni
inquinanti (68%) ed al risparmio energetico (65%) e le imprese con una leadership femminile mostrano una maggiore
attenzione ai temi della sostenibilità ambientale ed energetica: un’azienda rosa su 3 investe in
prodotti e tecnologie green contro un’azienda su 4 di quelle guidate dagli uomini.
Ma la
questione ambientale non dipende solo dalle aziende o dai governi: sono le piccole azioni che si
compiono ogni giorno che possono migliorare il mondo in cui viviamo.
Quando
lasciamo l’auto e
andiamo al lavoro in bicicicletta, quando ci portiamo dietro un
sacchetto di tela per evitare di acquistarne uno in plastica nei negozi,
quando spegnamo la luce uscendo da una stanza e —soprattutto— quando decidiamo di investire nella finanza
alternativa, stiamo
compiendo un passo fondamentale per salvare il pianeta.
A guidare il settore della finanza alternativa in ambito energetico green è proprio Ener2Crowd.com. La piattaforma può essere utilizzata sia dalle società del settore dei servizi energetici (come strumento parabancario insieme ad altri canali di finanziamento) sia direttamente dalle imprese che vogliono acquistare nuovi impianti o introdurre soluzioni più efficienti o alternative in grado di aumentarne la sostenibilità. Dall’altra parte c’è il “crowd” —il cittadino— che con le sue scelte fornisce un contributo economico tangibile per favorire la costruzione di un ambiente migliore, guadagnando anche un interesse molto più elevato —a parità di rischio— rispetto a qualunque altra forma di investimento.